DL 18/2020: il divieto di licenziamento. Alcune considerazioni.

Licenziamento

Nella logica di tutelare (almeno nell’immediato) i posti di lavoro, congiuntamente e quale contropartita ad un potenziamento ed ampliamento degli ammortizzatori sociali a sostegno di lavoratori e imprese (integrazioni salariali anche in deroga e assegno ordinario), il DL 18/2020 prevede anche un periodo di sospensione della facoltà del datore di lavoro di effettuare alcune tipologie di licenziamento (collettivo e per giustificato motivo oggettivo). La norma, apparentemente chiara, ha creato alcuni dubbi e perplessità.

Di seguito alcune considerazioni nell’immediatezza della entrata in vigore.

Cosa dice la norma

Una premessa sulla rubrica della norma: “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti”. A parere di chi scrive si tratta di un refuso in quanto ciò che viene sospeso dalla norme in esame è la facoltà del datore di lavoro di licenziare non quella del lavoratore di impugnare il licenziamento.

Chiarito questo, l’art. 46 del DL 18/2020 dispone quanto segue: “A decorrere dalla data di entrata di vigore del presente decreto l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per 60 giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604”.

I licenziamenti collettivi

La procedura da rispettare per procedere a un licenziamento collettivo è disciplinata all’art. 4 Legge 223/1991 ed è costituita, in sintesi, dai seguenti passaggi:

  • comunicazione preventiva e scritta (contenente le informazioni elencate al comma 3) alle rappresentanze sindacali aziendali, nonché alle rispettive associazioni di categoria e, in mancanza delle rappresentanze sindacali aziendali, alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale (comma 2);
  • invio della comunicazione anche all’Ufficio provinciale del lavoro competente (comma 4);
  • entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni, su richiesta di queste, inizio dell’esame congiunto tra le parti (comma 5);
  • la procedura dalla comunicazione all’esito dell’esame congiunto deve concludersi entro 45 giorni (dal ricevimento della comunicazione datoriale) (comma 6);
  • l’azienda dà all’Ufficio provinciale del lavoro comunicazione scritta sull’esito della consultazione (comma 6);
  • nel caso di mancato raggiungimento di un accordo all’esito dell’esame congiunto, le parti sono convocate dall’Ufficio provinciale del lavoro dove si svolge un ulteriore tentativo di accordo. Tale fase amministrativa deve esaurirsi entro 30 giorni dal ricevimento da parte dell’Ufficio provinciale della comunicazione datoriale sull’esito dell’esame congiunto con la parte sindacale (comma 7);
  • se il numero dei lavoratori in esubero è inferiore a 10 i termini di 45 e 30 giorni sono ridotti della metà (comma 8);
  • raggiunto l’accordo sindacale o l’accordo in sede amministrativa o, in ogni caso, esauriti i tempi della procedura, l’impresa ha facoltà di procedere alla comunicazione dei licenziamenti.

Ai sensi dell’art. 46 DL 18/2020 non c’è dubbio che tale procedura non possa essere attivata nel periodo dal 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del DL) per i 60 giorni successivi (fino al 16.5.2020) periodo nel quale, evidentemente, l’azienda che registri un esubero di personale può ricorrere agli ammortizzatori sociali.

Quanto invece alle procedure già attivate, la norma parla di sospensione della “procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.

L’obbligo di sospensione è, quindi, subordinato a due requisiti:

  • che la procedura sia avviata successivamente al 23 febbraio 2020 (quindi la comunicazione alle rappresentanze sindacali deve essere stata inviata dal datore di lavoro dal 24 febbraio in poi);
  • alla data del DL (17 marzo 2020) la procedura deve essere pendente ossia non deve essersi esaurita.

L’esaurimento della procedura si verifica con il raggiungimento di un accordo all’esito dell’esame congiunto o all’esito della fase amministrativa oppure, in caso di mancato accordo, all’esaurimento dei termini previsti per la procedura stessa (normalmente 45 + 30 giorni).

Ciò lo si desume anche dal tenore letterale dell’art. 4, comma 9, Legge 223/1991 laddove stabilisce che “raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6 [esaurimento della fase sindacale della procedura entro 45 giorni], 7  [fase amministrativa e termine di 30 giorni] e 8  [dimezzamento dei termini] l’impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso”.

La procedura, quindi, si esaurisce prima della intimazione dei licenziamenti ai lavoratori eccedenti.

Si potrebbero, quindi, verificare le seguenti ipotesi:

  • procedura attivata il 23 febbraio 2020 o in data antecedente e ancora in corso alla data di entrata in vigore del DL: tale procedura non si sospende;
  • procedura attivata dopo il 23 febbraio 2020 (es. il 24 febbraio 2020) già esaurita alla data di entrata in vigore del DL (ad es. per raggiungimento dell’accordo in sede di esame congiunto) ma con i licenziamenti non ancora comunicati ai lavoratori: la procedura non è pendente, quindi, non si applica la sospensione e i licenziamenti possono essere comunicati;
  • procedura attivata dopo il 23 febbraio 2020 e alla data di entrata in vigore del DL non ancora esaurita (ad. esempio per mancato raggiungimento dell’accordo in sede di esame congiunto e passaggio alla fase amministrativa): la procedura si sospende e potrà essere eventualmente ripresa al termine dei 60 giorni dall’entrata in vigore del DL, quindi, dopo il 16 maggio 2020.

I licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo

Come visto, il secondo capoverso dell’art. 46 stabilisce che “sino alla scadenza del suddetto termine” il datore di lavoro, indipendentemente dai suoi requisiti dimensionali, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 Legge 604/1966.

Il “suddetto termine” sono i 60 giorni dalla data di entrata in vigore del DL e, quindi, va letto come nel periodo dal 17 marzo al 16 maggio 2020.

Entro tale periodo il datore di lavoro non può intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo con preavviso ossia determinati da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

Si precisa che il termine del 23 febbraio 2020 risguarda solo le procedure di licenziamento collettivo e non i licenziamenti individuali.

Nel caso di licenziamento individuale si possono verificare le seguenti ipotesi:

  • licenziamento per gmo già intimato alla data di entrata in vigore del DL ma con periodo di preavviso ancora in corso: il licenziamento non è illegittimo (per questa ragione) e il rapporto di lavoro cesserà al termine del periodo di preavviso;
  • attivazione prima dell’entrata in vigore del DL della procedura di cui all’art. 7 Legge 604/1966 laddove obbligatoria ma licenziamento non ancora intimato a tale data: il licenziamento non può essere intimato fino al 17.5.2020 e, pertanto, la procedura dovrà essere sospesa o abbandonata ed eventualmente riattivata successivamente al periodo di sospensione.

Lavoratori interessati dalla sospensione dei licenziamento per gmo

L’art. 10 Legge 604/1966 stabilisce che “le norme della presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio, ai sensi dell’art. 2095 del Codice civile e, per quelli assunti in prova, si applicano al momento in cui l’assunzione diventa definitiva e, ogni caso, quando sono decorsi sei mesi dall’inizio del rapporto di lavoro”.

L’art. 2095 c.c. richiamato (rubricato “Categorie dei prestatori di lavoro”) prevede che “I prestatori di lavoro subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai”.

Dalle disposizioni di cui sopra si desume che il divieto di licenziamento non si applica alle seguenti categorie di lavoratori:

  • dirigenti;
  • lavoratori in periodo di prova;
  • lavoratori domestici (esclusi anch’essi dall’applicazione della Legge 604/1966).

Per l’apprendista il divieto:

  • opera in caso di licenziamento per gmo in corso di contratto di apprendistato;
  • non opera nel caso di recesso al termine dell’apprendistato (non essendo atto qualificabile come licenziamento per gmo).
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