Contratto a termine: deroghe temporanee al regime ordinario introdotte dalla Legge 27/2020.

Contratto di lavoro

La Legge 27/2020 pubblicata in G.U. il 29 aprile 2020 ha convertito in legge con modificazioni il DL 18/2020 c.d. «Cura Italia» inserendo una norma di interpretazione autentica (l’art. 19bis) che consente la deroga di alcuni vincoli all’apposizione del termine al contratto di lavoro in presenza di sospensione o riduzione dell’orario con fruizione di ammortizzatori sociali. In particolare, la nuova norma ha disposto – per la durata degli strumenti di integrazione salariale con causale covid-19 – la deroga al divieto di prorogare o rinnovare il contratto a termine anche ai fini di somministrazione. In realtà, lasciando, anche in tale particolare contingenza, inalterato l’obbligo della causale nel caso di proroga oltre i 12 mesi e in tutti i casi di rinnovo, la norma in esame rischia di non soddisfare le finalità che sembrano ad essa sottese.

L’art. 19bis della Legge 27/2020

L’art. 19bis della Legge 27/2020 è rubricato “(Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine)” e recita: “1. Considerata l’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione”.

Si nota in primo luogo un ricorso anomalo all’istituto dell’interpretazione autentica il quale ha normalmente la finalità di chiarire la corretta interpretazione della norma da parte del legislatore soprattutto in presenza di situazioni di incertezza che abbiano dato luogo ad interpretazioni contrastanti da parte della giurisprudenza.

Nel caso di specie, sul punto, non vi era alcuna incertezza interpretativa per il semplice motivo che non vi era la norma in questione.

In altre parole, il legislatore qualifica come norma di interpretazione autentica una norma di nuova introduzione.

Forse la qualificazione della norma come di interpretazione autentica è una scelta che risponde all’esigenza di far sì che la norma di nuova introduzione abbia efficacia retroattiva dal 23 febbraio 2020 (effetto che forse poteva soddisfarsi anche altrimenti, alla luce della possibilità di deroga al precetto di cui all’art. 11 delle preleggi in relazione, come in questo caso, all’importanza del bene da tutelare, quale, appunto, l’occupazione).

I vincoli di cui al D. Lgs. 81/2015 derogati temporaneamente dall’art. 19bis

Come visto, la norma in commento consente ai datori di lavoro che usufruiscono degli ammortizzatori sociali di integrazione salariale con causale covid-19 (cigo, assegno ordinario e cigd) e nel periodo di fruizione degli stessi, di prorogare o rinnovare contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, in deroga ai seguenti vincoli posti dal D. Lgs. 81/2015:

  • art. 20, comma 1, lettera c): divieto di apporre un termine al contratto di lavoro (e, quindi, divieto di assumere a termine e di prorogare o rinnovare contratti a termine) presso unità produttive nelle quali sia in corso una sospensione o riduzione di orario in regime di cig che interessi lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato (in sostanza, in condizioni normali, presso l’unità produttiva in cui è in corso una sospensione o riduzione d’orario con integrazione salariale è ammessa solo l’assunzione, la proroga o il rinnovo di un contratto a termine per mansioni diverse da quelle svolte dai lavoratori sospesi);
  • art. 21, comma 2: nel caso di riassunzione del lavoratore con contratto a termine dopo un precedente contratto a termine (rinnovo), tra la fine del primo e l’inizio del secondo deve intercorrere una interruzione di 10 o 20 giorni a seconda che il primo contratto a termine abbia avuto durata rispettivamente fino a 6 mesi o superiore (intervallo comunemente detto stop&go);
  • art. 32, comma 1, lettera c): divieto di ricorrere alla somministrazione di lavoro presso unità produttive nelle quali sia in corso una sospensione o riduzione di orario in regime di cig che interessi lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione (in sostanza, in condizioni normali, così come per il contratto a termine, presso l’unità produttiva in cui è in corso una sospensione o riduzione d’orario con integrazione salariale è ammesso il ricorso alla somministrazione di personale solo per mansioni diverse da quelle svolte dai lavoratori sospesi).

Si osserva che in realtà, l’art. 20, comma 1, lettera c) è derogato solo con riferimento alla proroga e al rinnovo ma non anche alla nuova assunzione, quindi, rimane vietata la nuova assunzione con contratto a termine di lavoratore svolgente le stesse mansioni dei lavoratori coinvolti nella sospensione/riduzione dell’attività lavorativa con integrazione salariale nella unità produttiva. L’art. 19bis, infatti, parla espressamente della possibilità “di procedere (…) al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato”.

La finalità perseguita dal legislatore, infatti, è quella di limitare la cessazione dei contratti a termine alla scadenza a causa della emergenza covid-19, dando facoltà al datore di lavoro, se lo ritiene, di prorogare o rinnovare il contratto a termine pur in regime di integrazione salariale con la conseguenza che il lavoratore assunto a termine potrà beneficiare dell’integrazione salariale anche per un periodo ulteriore alla scadenza originaria del contratto.

In sostanza il lavoratore a termine cui viene rinnovato o prorogato il contratto – svolgendo le stesse mansioni per le quali si è fatto ricorso all’integrazione salariale – rimarrà sospeso o in riduzione d’orario così come i colleghi a tempo indeterminato percependo l’integrazione salariale in questione.

Tale soluzione approntata dal legislatore appare coerente con le finalità per le quali, col DL 18/2020, convertito in Legge, è stata disposta la sospensione per 60 giorni dei licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo.

Regime delle causali, delle proroghe e dei rinnovi ai sensi del D. Lgs. 81/2015

Si nota che tra i vincoli temporaneamente derogati dall’art. 19bis in esame non compaiono gli artt. 19 e 21 D. Lgs. 81/2015.

L’art. 19 sopracitato prevede, come noto, che “1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  1. esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  2. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria”.

Il mancato rispetto del regime delle c.d causali comporta, come noto, la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato dal superamento dei 12 mesi.

L’art. 21 (Proroghe e rinnovi) prevede che:

  • “Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1”;
  • “Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”.

Nel caso di violazione di tali norme in materia di proroga e rinnovo il contratto a termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

Considerazioni finali

Non si può non sottolineare come tra le deroghe ai vincoli di cui al D. Lgs. 81/2015 non vi sia la deroga all’obbligo della causale nel caso di proroga del contratto a termine oltre i 12 mesi e in tutti i casi di rinnovo.

Tale scelta limita fortemente la portata sul piano concreto della norma di cui all’art. 19bis Legge 27/2020 e rischia di limitarla alle sole ipotesi di legittimazione della proroga fino ai 12 mesi (di a-causalità) eventualmente intervenuta durante l’integrazione salariale anche prima dell’entrata in vigore della legge in esame o, al limite, alle ipotesi di rinnovo del contratto a termine di cui alla lettera a) dell’art. 19 D. Lgs. 81/2015 in particolare per esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

Come noto, infatti, a seguito della introduzione delle causali, le stesse sono state utilizzate con estrema attenzione e parsimonia dalle aziende visto l’alto rischio di contenzioso nel caso di mancata trasformazione del contratto alla scadenza.

Appare poi piuttosto remota la possibilità che un’azienda abbia rinnovato o rinnovi un contratto a termine per condizioni sussumibili alla causale di cui alla lettera b) dell’art. 19 durante il periodo di sospensione/riduzione dell’attività lavorativa con integrazione salariale, per di più per le mansioni coinvolte dalla sospensione/riduzione dell’attività.

Se da un lato, quindi, l’art. 19bis Legge 27/2020 consente la proroga e il rinnovo del contratto a termine anche durante il periodo di fruizione dell’integrazione salariale senza conseguenze per il datore di lavoro, dall’altro, laddove non sia rispettato l’obbligo della causale, il datore di lavoro sarà comunque esposto al rischio di un contenzioso per la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato.

In assenza di una deroga anche con riferimento agli artt. 19 e 21 D. Lgs. 81/2015 le finalità di tutela dell’occupazione dei lavoratori a termine che il legislatore ha inteso soddisfare con l’art. 19bis Legge 27/2020 rischiano di non essere soddisfatte compiutamente.

Si confida in un intervento in questo senso col decreto legge che dovrebbe essere emanato a breve.

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