Una domanda ricorrente quando il lavoratore col suo comportamento negligente cagiona un danno al datore di lavoro (si pensi all’ipotesi della rottura di uno strumento aziendale) è se sia possibile da parte di quest’ultimo ottenere il risarcimento del danno effettuando una trattenuta direttamente dalla busta paga.
La trattenuta in busta paga integra una compensazione impropria o a-tecnica
La trattenuta in busta paga integra una compensazione; istituto disciplinato dagli artt. 1241 – 1252 c.c..
L’istituto disciplinato dal codice civile è quello della compensazione propria o tecnica ossia della compensazione tra debiti e crediti risultanti da differenti rapporti giuridici tra di loro autonomi.
Normalmente quando il datore di lavoro intende trattenere dalla busta paga del lavoratore dipendente una somma a titolo di risarcimento del danno si riferisce ad un danno cagionato dall’inadempimento contrattuale del lavoratore per violazione delle regole di diligenza e correttezza nello svolgimento della prestazione lavorativa.
In questo caso, quindi, la compensazione non avviene tra debiti e crediti scaturenti da rapporti giuridici differenti ed autonomi ma tra posizioni di debito e credito scaturenti dal medesimo rapporto giuridico, ossia il contratto di lavoro.
In casi come questo la giurisprudenza qualifica la compensazione come impropria (ad es. Cass., 20.11.2019, n. 30220).
Anche per la compensazione impropria vale comunque (e non potrebbe essere diversamente) la regola generale di cui all’art. 1243 c.c. secondo cui “la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili”.
Ossia entrambi i debiti devono essere certi nella loro esistenza e definiti nella misura.
A parte l’ovvia applicazione di tale principio generale, la compensazione impropria non è soggetta alle altre limitazioni di cui al codice civile e in particolare alla limitazione di cui all’art. 1246, comma 1, n. 3, c.c. che esclude la compensazione quando uno dei crediti sia dichiarato impignorabile (o pignorabile solo nei limiti di cui all’art. 545 c.p.c.).
Diverso sarebbe invece il caso in cui il danno causato dal lavoratore al datore di lavoro non fosse ascrivibile alla responsabilità contrattuale ma a quella extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c.. In questa ipotesi le reciproche posizioni di debito sarebbero riconducibili a rapporti giuridici distinti e, quindi, opererebbero tutte le disposizioni codicistiche dalla compensazione propria.
Criticità della compensazione impropria tramite trattenuta in busta paga
Come visto, ai fini di attuare la compensazione tramite trattenuta in busta paga è necessario che entrambi i debiti siano certi, liquidi ed esigibili, ossia, certi nella loro esistenza e nel loro ammontare e non soggetti a limiti o a condizioni sospensive (il diritto di credito in capo al creditore è, quindi, già maturato).
Ciò non costituice un problema per il debito retributivo a carico del datore di lavoro che normalmente, risultando dalla busta paga, è certo, liquido ed esigibile.
Lo stesso non sempre si può dire per il debito risarcitorio a carico del lavoratore.
Talvolta, infatti, tale debito non è affatto determinato nel suo ammontare (si pensi, ad esempio, al danno per la cancellazione di dati informatici, per aver diffuso informazioni aziendali all’esterno o per aver tenuto un comportamento potenzialmente lesivo dell’immagine aziendale).
Altre volte il danno può essere quantificato dal datore di lavoro ma tale quantificazione può essere oggetto di contestazione da parte del lavoratore.
Si pensi ad esempio alla rottura per negligenza del lavoratore di uno strumento aziendale che il datore di lavoro fa riparare da altri dipendenti addebitando al lavoratore l’ammontare del costo delle ore di lavoro impiegate per la riparazione e dei materiali utilizzati.
Il lavoratore potrebbe contestare la correttezza del numero delle ore impiegate per la suddetta riparazione così come anche il costo dei materiali.
Parimenti, nel caso in cui il danno sia tale da richiedere l’acquisto di un nuovo strumento il cui prezzo sia addebitato al lavoratore, quest’ultimo potrebbe legittimamente contestare che il valore dello strumento dallo stesso danneggiato (essendo usato) sia certamente inferiore al prezzo di acquisto del medesimo strumento nuovo.
Oltre al fatto che il lavoratore potrebbe contestare anche l’esistenza di una sua responsabilità per negligenza nella causazione del danno.
La trattenuta in busta paga di un importo a titolo di risarcimento del danno richiede, quindi, in alternativa, che:
- l’esistenza e l’ammontare del danno sia riconosciuto ed accettato dal lavoratore;
- l’esistenza e l’ammontare del danno sia accertato da un giudice in un procedimento ordinario.
Al di fuori di questi casi, il datore di lavoro che effettui la trattenuta in busta paga si espone al rischio di contestazione da parte del lavoratore, il quale, vedendosi corrispondere un importo inferiore alla retribuzione spettantegli potrebbe chiedere ed ottenere nei confronti del datore di lavoro un decreto ingiuntivo per la somma trattenuta.
Rapporto tra richiesta di risarcimento del danno e procedimento disciplinare
In generale non sussiste alcun rapporto di interdipendenza tra il procedimento disciplinare (ad es. per violazione dell’obbligo di cui all’art. 2104 c.c.) e la richiesta di risarcimento del danno.
Quindi il datore di lavoro può chiedere il risarcimento del danno al proprio dipendente (anche – laddove ne ricorrano i presupposti – tramite trattenuta in busta paga) anche se non ha preventivamente attivato un procedimento disciplinare a suo carico.
Parimenti il datore di lavoro sarà libero di agire solo in via disciplinare nei confronti del lavoratore oppure di agire sia in via disciplinare, sia per ottenere il risarcimento del danno.
Occorre però prestare attenzione al fatto che alcuni contratti collettivi subordinano la legittimità dell’azione di risarcimento del danno o della trattenuta in busta paga al preventivo esperimento della procedura disciplinare.
Ad esempio, l’art. 32 del CCNL per i dipendenti da imprese di spedizione, autotrasporto merci e logistica prevede che “L’impresa che intenda chiedere il risarcimento dei danni al lavoratore deve preventivamente adottare almeno il provvedimento disciplinare del rimprovero scritto, specificando l’entità del danno”.
In presenza di una tale previsione contrattuale la trattenuta in busta paga, in assenza di preventivo procedimento disciplinare con irrogazione almeno della sanzione del rimprovero scritto, è senz’altro illegittima.