Il dpcm 11 marzo 2020 col quale sono state sospese alcune attività economiche al dettaglio per il periodo dal 12 al 25 marzo 2020 non aveva sospeso alcuna attività produttiva e professionale limitandosi ad una serie di raccomandazioni. Per tale scelta di non sospendere alcuna attività produttiva tale dpcm è stato criticato ritenendo prioritarie le esigenze sia di tutela della salute dei lavoratori, sia di contenimento del contagio. Vista la gravita della situazione di emergenza il Governo ha, quindi, emanato un nuovo dpcm pubblicato il 22 marzo 2020.
Le disposizioni del dpcm 22 marzo si cumulano a quelle del dpcm dell’11 marzo 2020
Le disposizioni del dpcm 22 marzo non si sostituiscono a quelle del dpcm dell’11 marzo ma si applicano cumulativamente per il periodo di efficacia fino al 3 aprile 2020 (il termine del dpcm 11 marzo è, quindi, prorogato dal 25 marzo al 3 aprile).
Come noto il dpcm 11 marzo sospendeva alcune attività economiche come, ad es. tutte le attività di vendita al dettaglio ad eccezione di quelle di vendita di generi alimentari e di prima necessità, i mercati, i servizi di ristorazione, le attività inerenti i servizi alla persona (parrucchieri, barbieri ed estetisti).
Lo stesso dpcm confermava l’operatività di altre attività economiche quali, appunto, le attività di vendita di generi alimentari, le edicole, le farmacie e le parafarmacie, la ristorazione con consegna a domicilio, gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e all’interno delle stazioni ferroviarie e degli aeroporti, i servizi bancari finanziari, assicurativi e le attività del settore agricolo zootecnico di trasformazione agro-alimentare comprese le filiere che forniscono beni e servizi.
Quanto alle attività produttive e alle attività professionali il dpcm 11 marzo (art. 1, punto 7) contiene solo raccomandazioni (poi riprese nel protocollo siglato con le parti sociali il 14 marzo):
- utilizzo del lavoro agile;
- incentivazione di ferie e permessi retribuiti;
- sospensione dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
- assunzione di protocolli anti – contagio;
- incentivazione delle operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro;
- limitazione degli spostamenti all’interni dei siti e contingentamento degli accessi.
Il dpcm del 22 marzo 2020
Il dpcm 22 marzo contiene limitazioni alle attività produttive e una ulteriore limitazione alla facoltà di movimento delle persone.
Quanto alle attività commerciali al dettaglio, resta fermo quanto disposto col dpcm 11 marzo e, pertanto, le attività commerciali al dettaglio consentite e sospese rimangono quelle del succitato dpcm.
Il dpcm 22 marzo, infatti, sospende le attività produttive industriali e commerciali ad eccezione di quelle specificamente elencante nell’allegato 1 al dpcm stesso (contrassegnate col relativo codice ateco) che possono essere raggruppate, a grandi linee, nei seguenti settori:
- agricoltura, allevamento e pesca;
- alimentare;
- energetico;
- produzione prodotti e materiale di prima necessità e di uso comune;
- sanitario;
- farmaceutico;
- trasporto;
- antinfortunistica;
- alberghiero;
- servizi postali;
- servizi professionali (es. servizio legale);
- attività di manutenzioni varie.
Le attività professionali non sono state sospese e continuano a valere le raccomandazioni di cui al dpcm 11 marzo, art. 1, punto 7.
Possono proseguire anche le attività funzionali ad assicurare la continuità delle attività non sospese di cui allegato 1 al dpcm. In questo caso è necessario presentare una comunicazione al Prefetto della provincia nella quale è ubicata l’attività in questione. Nella comunicazione al Prefetto devono essere indicate specificamente le imprese e le amministrazioni beneficiarie della attività per la quale si chiede l’autorizzazione.
Effettuata la comunicazione al Prefetto, le attività funzionali alle attività non sospese possono continuare fino all’eventuale adozione di un provvedimento di sospensione.
Il Prefetto, infatti, se non ritiene sussistenti le condizioni di funzionalità ad una delle attività non sospese sospende l’attività per cui era stata fatta la comunicazione.
Sono consentite le attività che erogano servizi pubblici essenziali di cui alla Legge 146/1990 ferma restando la sospensione dei musei e dei luoghi di cultura aperti al pubblico oltre che dei servizi di istruzione (se non erogati da remoto).
Sono sempre consentiti produzione, trasporto e commercializzazione di farmaci, tecnologie sanitarie, dispositivi medico – chirurgici e prodotti agricoli e alimentari.
Sono consentite le attività degli impianti a ciclo continuo, sempre previa presentazione di comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, laddove dall’interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti. Con la comunicazione dette attività possono proseguire a meno che il Prefetto non ne disponga la sospensione per assenza dei presupposti per la loro prosecuzione.
Sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa e le attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, sempre previa autorizzazione del Prefetto.
Le imprese la cui attività non è sospesa devono attenersi alle prescrizioni di cui al protocollo condiviso tra Governo e Parti sociali siglato il 14 marzo in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro.
Le imprese la cui attività è sospesa devono completare le attività necessarie alla sospensione, compresa la spedizione della merce in giacenza, entro il 25 marzo e, quindi, in tempi strettissimi: appena entro 3 giorni dalla pubblicazione del decreto.
Il dpcm prevede altresì il medesimo divieto previsto anche dall’ordinanza del Ministero della salute e del Ministero dell’interno sempre del 22 marzo, ossia il divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi pubblici o privati in un comune diverso da quello in cui si trovano salvo che per comprovate esigenze lavorative, per assoluta urgenza, o per motivi di salute.
Il dpcm 22 marzo sopprime, quindi, il riferimento (riportato anche nelle autocertificazioni) alla possibilità di rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza contenuto nel dpcm dell’8 marzo scorso.
Tale modifica alle ragioni che consentono gli spostamenti, volta evidentemente ad evitare che le persone si rechino nelle seconde case o tornino nei luoghi d’origine, contribuendo in questo modo alla diffusione del contagio, condizionerà ulteriormente la possibilità di movimento.