Emergenza COVID – 19: gli spostamenti per motivi di lavoro

Contratto di lavoro

Come noto il DPCM emanato l’8 marzo scorso ha introdotto delle limitazioni alla liberà di movimento in alcune aree del paese (c.d. zona arancione). Non si tratta, però, di un divieto assoluto di spostamento ma di regole volte a ridurre la mobilità allo stretto necessario.

I lavoratori possono recarsi al lavoro

Al fine di contenere e contrastare il diffondersi del virus il Consiglio dei Ministri ha individuato una zona (la c.d. zona arancione) composta dalla regione Lombardia e dalle seguenti province: Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbanio-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia.

Fermo restando il divieto assoluto (operante in tutta Italia) di mobilità dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena ossia coloro che sono risultati positivi al virus, per gli altri individui e per la zona di cui sopra con l’art. 1 del DPCM in esame è stata adottata la seguente misura: “a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative (…)”.

In sostanza il precetto si riferisce ai seguenti movimenti:

  • ingresso nella zona arancione;
  • uscita dalla zona arancione;
  • gli spostamenti all’interno della zona arancione.

Ciò significa che i lavoratori la cui presenza sia richiesta da parte del datore di lavoro potranno recarsi alla propria sede di lavoro anche se lo spostamento implichi entrata uscita o spostamento all’interno della c.d. zona arancione.

Nel caso di controllo da parte delle forze dell’ordine i lavoratori dovranno provare che lo spostamento è motivato da esigenze lavorative.

La prova delle esigenze lavorative

Con Comunicato Stampa dell’8 marzo u.s. il Ministero dell’Interno ha diramato direttive ai Prefetti per l’attuazione dei controlli nelle “aree a contenimento rafforzato”.

In tale comunicato stampa si legge che “a) gli spostamenti potranno avvenire solo se motivati da esigenze lavorative (…) da attestare mediante autodichiarazione che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione di moduli forniti dalle forze di polizia” e “b) i controlli sul rispetto delle limitazioni della mobilità avverranno lungo le linee di comunicazione e le grandi infrastrutture del sistema dei trasporti. Per quanto riguarda la rete autostradale e la viabilità principale, la polizia stradale procederà ad effettuare i controlli acquisendo le prescritte autodichiarazioni. Analoghi servizi saranno svolti lungo la viabilità ordinaria anche dall’Arma dei carabinieri e dalle polizie municipali”.

È consigliabile, quindi, che i lavoratori che per recarsi al lavoro o per svolgere la prestazione lavorativa debbano entrare, uscire o muoversi dentro le aree a contenimento rafforzato si muniscano di autodichiarazione già pronta da consegnare alle forze dell’ordine in caso di controllo (anche più di una nel caso di più controlli) contenente i dati identificativi del lavoratore, dell’azienda datrice di lavoro, del tragitto dall’abitazione del lavoratore alla sede di lavoro e debitamente sottoscritta dal lavoratore dichiarante (anche eventualmente mutuando il contenuto del modulo predisposto dal Ministero dell’Interno e che dovrebbe essere fornito dalle stesse forze dell’ordine).

Ciò tenuto conto che la veridicità della autodichiarazione fornita dal lavoratore potrà essere soggetta a controlli anche successivamente alla consegna.

La violazione delle disposizioni sulla limitazione degli spostamenti (e, quindi, anche la dichiarazione falsa in merito alla sussistenza di ragioni lavorative, ad es. dichiarando un rapporto di lavoro non più in essere) integra il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità di cui all’art. 650 c.p. per il quale è prevista la pena dell’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 206 Euro, salvo che non si possa configurare la fattispecie più grave del delitto colposo contro la salute pubblica di cui all’art. 452 c.p..

Raccomandazioni ai datori di lavoro

Col DPCM in esame si raccomanda, sempre con riferimento alle aree a contenimento rafforzato (c.d. area arancione) ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere, durante il periodo di efficacia del decreto (quindi dal 8.3.2020 al 3.4.2020), la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti di periodo di congedo ordinario e di ferie (da valutare a seconda dei casi se il periodo di congedo debba essere retribuito).

Ciò fermo restando la facoltà – laddove possibile – prevista per tutte le aziende del territorio nazionale di far svolgere la prestazione lavorativa secondo le modalità dello smart working eccezionalmente senza la necessità dell’accordo individuale col lavoratore.

Tag Post :

Condividi articolo:

Articoli correlati: